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Schiscetta porta pranzo

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Schissetta e versatilità: le mille facce del portavivande

Con la sua evidente versatilità il portavivande ha saputo soppiantare lo scatolame, il cibo in scatola, con sapiente ma inconsapevole astuzia. Le scatolette erano diventate, alcuni decenni fa, abbastanza presenti nei pasti occidentali, arrivando in Italia per un consumo abbastanza diffuso. Non molto salutari, gli italiani hanno presto compreso che non potevano prendere il posto del cibo di casa, continuando a ricorrere al sano pasto, meglio se biologico e a chilometro zero, dentro il proprio portavivande.

Rendersi conto, inoltre, che il cibo hand made è estremamente economico, è stata anche una molla in più per non abbandonare la buona abitudine di prepararsi il pasto, portando alla ribalta la tanto amata schiscetta che, dal primo modello in metallo e con il gancio sopra il coperchio, si è trasformata in un contenitore dal design contemporaneo, diventando, all’occorrenza, anche non solo trasportatore ma anche scalda vivande elettrico.

La schiscetta: origini terminologiche ed evoluzione nella società

Oggi il nome portavivande ha racchiuso tutte le terminologie dialettali, perché non c’è una regione italiana, come anche nessun paese nel mondo, che non conosca la tradizione e l’abitutine di portare il pasto ovunque

Tra la schiscetta milanese e il lunch box internazionale ci sono tutta una serie di termini locali che indicano la consuetudine del posto, tramandata da sempre nelle società, con quell’ancestrale intuito di conservazione dei cibi, per evitare sprechi alimentari, per preservare il sostentamento, per non affidarsi soltanto al cibo provvidenziale ma pensando al giorno dopo, già con la preparazione del pasto.

Nella lingua italiana la schiscetta è tradotta in vari modi, da pietanziera a portavivande, a porta pasti, declinata all’occorrenza come contenitore per alimenti in genere per portare il pranzo proveniente da casa al lavoro.

Il nome di schiscetta, in dialetto lombardo, deriva dal verbo schiscià, con il significato di schiacciare. Il cibo, in effetti, veniva schiacciato per poterlo far stare ben fermo all’interno della scatoletta. Quindi i due termini, schiscià più scatoletta, hanno dato origine a schiscetta, dalla loro fusione.

Ogni regione o paese in Italia ha il suo termine ben preciso, con una sua storia etimologica che deriva dalla cultura popolare e tradizionale.

E così passiamo dalla schiscetta tipicamente milanese, agli altri amanti del pranzo preparato in casa delle altre zone d’Italia. Nella marchigiana Fermignano è frequente trovare il pasto nella ‘gluppa‘, soprattutto in provincia di Pesaro e di Urbino. In Sardegna, nel cagliaritan, o si trasforma nei termini ‘su gaungiu‘. Gli abitanti piemontesi trasportano i loro pasti nel ‘barachin‘ a Torino, mentre la cucina genovese viene apprezzata all’interno della ‘gamella‘. La ‘scutedd‘ pugliese può portare tranquillamente le orecchiette con le cime di rapa, ottime a Bari. La Sicilia, a seconda del territorio ha vari nomi, dal ‘cumpanaggio‘ nei dintorni di Palermo, alla ‘truscia’ o nella vezzeggiativa ‘truscitedda‘ per identificare l’immancabile pranzo al sacco, apprezzato da tutti i contadini nei campi. La ‘marenna‘ napoletana non è tanto in riferimento al contenitore quanto al pasto da consumare fuori casa, al lavoro o per strada, spesso povero e frugale, a seconda delle proprie possibilità. Nel resto della Campania è la caccavella a fare da padrona. Il dialetto veneto porta a spasso i suoi pasti nella ‘tecietta’.
La multietnica Roma prende spunto dal portarsi dietro un fagotto per pranzo, racchiuso in due piatti e legato con un grande tovagliolo, per cui usa il termine ‘fagottaro‘. Si passa dalla ‘sportina’ usata nel romagnolo, ricca di pietanze prelibate, alla ‘camella‘ calabrese, colma di salumi, melanzane e frutta secca.

Ma non è finita. Nel mondo oggi la schiscetta è conosciuta con il moderno lunch box ma la cultura orientale da sempre ha diffuso l’usanza di portare il pasto con sè, preparandolo per l’occorrenza, con quelle ricette tramandate dalla tradizionale cucina, tanto particolare, in grado di confezionare cibi indispensabili, da conservare e trasportare anche nei tempi lunghi. Chi è stato in Giappone ha conosciuto di certo il bento, come chi ha visitato l’India ha potuto apprezzare la qualità delle vivande gustose contenute nel dabba.

Dall'intuizione pratica alle idee da portare nella schiscetta

E chi desidera qualche idea da mettere nella sua schiscetta, gli spunti non mancano certo per il pasti fuori casa. Sono veramente parecchi i pasti che possono essere contenuti nel portavivande, dal dolce al salato.

Pizzette, panini, torte rustiche, frittatine e insalatone, sono le cibarie più comuni e frequenti che trovano posto all’interno della schiscetta.
Un saporito polpettone, tagliato a fette, farà la festa di tutti, come anche apprezzato a livelli altissimi è un ottimo piatto di lasagne, bianche o rosse, ricche e nutrienti. La parmigiana è la festa di chi apprezza il gusto tradizionale delle verdure, mentre le polpette, di carne o pesce, sono pasti appetitosi e graditi a tutti, grandi e piccini.

Ottimo il portavivande per contenere zuppe di legumi, contorni vegetali, piatti unici a base di pasta o riso.
Nella velocità si possono preparare variopinti sandwich, panini imbottiti e piadine gustose.

In altre parole? La fantasia in cucina non manca certo nel portare il pranzo dietro, che diventa sempre una festa.

Il portavivande al cinema

Si accorge della schiscetta anche il cinema indiano, portando nelle sale cinematografiche il film Lunchbox, diretto dal regista Ritesch Batra. La vicenda narra la storia di Ila, una donna casalinga che ha bisogno di ricevere attenzioni dal marito, preparando per lui ogni giorno deliziosi manicaretti, affidandoli al dabba, il portavivande indiano. Il destino vuole che le prelibate cibarie non arrivino a destinazione ma vadano a finire nell’ufficio di un altro impiegato che, preso per la gola, si innamora della donna.

Il protagonista della vicenda è il portavivande che si trova a essere un novello cupido, diventando ambasciatore di pasti preparati con amore e passione e di risposte in biglietti scritti con pathos e sentimento, inconsapevole testimone della nascita di una storia d’amore. Da sempre è riconosciuta la devozione per la preparazione dei pasti nella cucina indiana, paragonata spesso a una forma di corteggiamento per le persone care tramite il realizzare ricette tradizionali, arricchite di spezie e aromi afrodisiaci. Il film è stato così apprezzato al punto di essere addirittura premiato al Festival di Cannes del 2013.

Il pretesto del film è sottolineare come il lunch box sia un oggetto parecchio legato alla cultura tradizionale in India da sempre che, come anche per i paesi occidentali, si è trasformato in appena mezzo secolo in un articolo insostituibile per la quotidianità.

Altri esempi della presenza del portavivande sono visibili in uno degli sceneggiati cult dell’infanzia di molte persone: La casa nella prateria. Era molto facile vedere una delle sorelle protagoniste della fiction che portava il pasto al papà impegnato nel lavoro ai campi, confezionato rigorosamente in un contenitore di latta.

Il portavivande contro gli sprechi e amante degli animali

Il portavivande trova il suo posto nel mondo contemporaneo accompagnando chi combatte gli sprechi alimentari. È frequente andare al ristorante, in pizzeria e in trattoria e non finire di mangiare quello che si ha nel piatto. I locali pubblici che cucinano i pasti sono obbligati, per legge, a buttare gli avanzi, con buona crescita di sprechi e aumento di spazzatura.

Perchè contribuire allo spreco alimentare e non accogliere la cultura del risparmio? Ed ecco che è nata l’abitudine nei locali di offrire il servizio della schiscetta, inteso come un contenitore da dare ai clienti con ciò che è rimasto nel piatto, prelibato e fresco, certo da non buttare. Spesso i ristoranti hanno oggetti che fungono da portavivande esclusivi, commissionati ad aziende, appositamente per tale scopo.

Portavivande contro gli sprechi

Ma non è finita qui. Sono tanti anche i locali che offrono la doggy bag per gli amici cani domestici che aspettano a casa. Si tratta di un altro modo per combattere gli sprechi alimentari, frutto di una società sempre attenta ai bisogni altrui.

Portavivande e adolescenza... anche a scuola

E per i più piccoli? Il portavivande anche per loro
Il mondo dei portavivande che si rivolge ai bambini è parecchio vario e fantasioso, ricco di articoli accattivanti, pratici e comodi per i più piccoli.

Il marchio nato in America, ‘Goodbyn‘ realizza dei portavivande molto originali. I lunch box kids si presentano con ben sei scomparti diversi, utili per contenere mini porzioni e condimenti in versione mignon. Si chiamano ‘Too Cool‘ e sono parecchio apprezzati dai piccini, spesso capricciosi con il cibo: possono così trovare qualcosa adatto ai loro gusti, in grado di nutrirli in maniera adeguata, anche fuori casa.

Non poteva certo mancare la sempre presente Disney nella vita dei fanciulli. Per i bambini lo storico brand ha pensato a pratici e comodi lunch box. Disponibili come portamerende di latta o in plastica. Facili da chiudere con la loro chiusura ermetica, presentano tutti i personaggi amati dai più piccoli: dalle fate, alle principesse, ai folletti, ai super eroi.

Lunchbox scuola

Fantasiose sono invece le multicolor borse termiche della britannica ‘Tyrrell Katz‘ che propone i suoi articoli completi per merende e pasti interi. Sono decorati con cavalieri, dinosauri e personaggi fantastici. Hanno anche i coordinati tovaglioli, zaini e borracce.

Uso e caratteristiche del portavivande

Da parecchie persone è chiamato porta pasto, altre lo chiamano con la terminologia più internazionale lunch box: per tutti è uno degli accessori più comodi e utili per portare il cibo con sé, fuori casa, mantenendolo alla giusta temperatura.

Generalmente ha una struttura esterna in plastica o in acciaio, comunque in materiale adatto al contatto di alimenti e testato da test di controllo. Molte volte il suo interno contiene altri contenitori, vaschette o cestelli di varie misure, adattabili alle dimensioni e ai modelli del portavivande.

I recipienti interni di solito sono in plastica, nel caso siano realizzati in acciaio inox, presentano il fondo antigraffio.
Il coperchio, caratterizzato dalla chiusura stagna, può anche essere costruito con un materiale diverso rispetto il suo corpo centrale, vetro o in plastica. A volte può esserci una valvola di sfiato, utile per creare un clima adatto alla conservazione degli alimenti all’interno del portavivande. Alcuni modelli presentano, sia ai lati, sia sul coperchio, delle comode maniglie, adatte a un trasporto confortevole.
La chiusura ermetica, come elemento distintivo del portavivande, presenta comodi ganci a pressione in grado di sigillare al suo interno gli alimenti.

I portavivande contemporanei si connotano per la loro forma tondeggiante e morbida, dal design moderno e ultra colorato.

Da sottolineare come per la produzione dei portavivande siano parecchio ricercati materiali prettamente green e sostenibili. Molta cura, infatti, è dedicata dalle aziende nel realizzare modelli contemporanei e gradevoli non soltanto dal punto di vista estetico, ma anche perfettamente apprezzabili per la loro natura ecologica.
Perfettamente igienici per il trasporto degli alimenti, possono essere inseriti in lavastoviglie e riutilizzati infinite volte, andando a incidere notevolmente sull’economia domestica, non dovendo ogni volta ricomprare contenitori usa e getta.

Direttamente dalla cultura giapponese, il Portavivande ecologico

Un capitolo a parte è doveroso dedicarlo all’innovazione prettamente ecologica che il contenitore, di derivazione terminologica orientale, ha portato nella vita del portavivande.

Stiamo parlando del bento, l’idea del green per portare con sé il pasto abbracciata da parecchie aziende contemporanee, a ispirazione del tutto naturale.

Sono presenti nelle vetrine di vendita praticissimi portavivande bento, spesso in trio e chiamati Box Trio, realizzati esclusivamente in materiale ecologico BPA Free.
Praticità ovunque, dall’ufficio al cantiere, alla scuola, la novità del bento è quella di essere un box porta pasto, pensato per tutti e prodotto con materiale esclusivamente biologico e naturale, altamente resistente e dal minimo impatto ambientale.

Molti degli innovativi e moderni bento sono realizzati in gluma di riso, un materiale estratto dal rigido rivestimento esterno che avvolge il chicco di riso.

L’impatto ambientale è estremamente apprezzato in quanto si tratta di quella parte del guscio del cereale destinato allo scarto, in genere destinato allo smaltimento totale dopo il raccolto. La gluma del riso, anziché essere bruciata, viene così destinata al riciclo intelligente nella produzione del bento, evitando quindi l’innalzamento di una quantità elevata di emissioni nell’atmosfera causata dal fuoco per lo smaltirlo.

Tale modello di bento così prodotto non è soltanto ecologico e naturale ma risulta anche biodegradabile. Il meglio, quindi per il cultori del green integrale.

 

Bento box giapponese

I brand che si occupano del bento eco free presentano nel mercato prodotti testati e certificati, completamente sicuri per contenere e trasportare alimenti, realizzati con materiali di qualità elevata, privi di qualsiasi sostanza nociva alla salute e all’organismo umano. Senza bisegoli, ftalati e bpa, questi contenitori vantano l’approvazione delle associazioni di consumatori e della comunità internazionale degli ecologisti.

La scelta del bento adatto alle proprie esigenze spazia tra i modelli presentati dalle aziende produttrici, tutti realizzati con materiali compatibili per contenere alimenti. Nella selezione dell’articolo ideale, da tenere conto la forma e le dimensioni necessarie alle proprie esigenze.

In genere un bento composto da un trio ha una capacità di circa due litri, presentandosi estremamente compatto e adatto a contenere e trasportare un pasto completo di due o tre pietanze, con più mini contenitori al suo interno, utili a non mischiare sapori e odori. Il peso è inferiore ai seicento grammi e non presenta un ingombro elevato, essendo caratterizzato da una dimensione ridotta al minimo.
Il bento per la quotidianità può essere semplice o completo di svariati accessori e optional, studiati per consentire agli utenti il massimo comfort e l’ultra praticità.

Alcuni modelli sono composti tra un tris di contenitori sovrapponibili uno all’altro, in modo da accogliere al loro interno più portate, dal primo, al secondo, al contorno, alla frutta e al dessert.

Quelli che hanno in dotazione elastici a clip sono i più ricercati in quanto permettono una totale chiusura, assicurando un trasporto privo d’incidenti da fuoriuscita di liquidi. Apprezzati sono anche i modelli che presentano il sistema di chiusura easy open, con una solida dotazione di guarnizioni in silicone, sono in grado di garantire la massima tenuta.

Alcuni bento bio sono dotati anche di un tris di posate eco friendly: cucchiaino, forchetta e coltello realizzati con lo stesso materiale naturale del contenitore, chiusi in un apposito spazio al suo interno, pronti per l’uso e per il riutilizzo.

Un’ultima chicca regalata dal bento? Passano agevolmente dal freezer al microonde e Freezer. Offrono la massima praticità per riscaldare gli alimenti all’interno del forno, resistendo fino a centoventi gradi. Questi modelli hanno una valvola posta sul coperchio che deve essere aperta nel momento in cui si riscalda il cibo.

I bento possono essere lavati in lavastoviglie e riutilizzati parecchie volte, essendo il materiale della loro struttura parecchio resistente.